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FIDES FABBRICA DI AUTOMOBILI MARCA BRASIER - 1 AZIONE ROMA 1906
FIDES FABBRICA DI AUTOMOBILI MARCA BRASIER - 1 AZIONE ROMA 1906

1906 - FIDES FABBRICA DI AUTOMOBILI MARCA BRASIER - 1 AZIONE ROMA

1198
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1906 - FIDES FABBRICA DI AUTOMOBILI MARCA BRASIER - 1 AZIONE ROMA

It was established on the initiative of Count Paolo Senni with French investors, it obtained the concession for Italy of the patents of the "Braiser" car factory. The financial statements 1907 and 1908, closed with a considerable liability due to a high stock of unsold cars, led the general meeting of 1909 to deliberate the reduction of the share capital and the release of the French house, assuming the new company name of Fides - Fabbrica Automobili Enrico patents. Eng. Giovanni Enrico, former technical director of Fiat, brought his patents into the company. After other events, on November 28, 1910 the dissolution of the company and its consequent liquidation was approved.

Description

La nascita dell'industria automobilistica

E' nel 1903 che la produzione autombilistica comincia da essere qualcosa di più che un'eccentricità tecnico-sportiva.

In città risultano attive 5 officine: la Ceirano (creatrice della vettura Welleyes), la Croizat (che produce soprattutto velocipedi), la Fiat, la Rezzonico, la Rosselli (motori ed accessori).

Solo la Fiat, però, può definirsi una vera fabbrica d'auto in grado di competere sul mercato nazionale (nel 1903 in Italia si producono in tutto 1380 vetture).

Nel 1904 vi sono in Italia nove società produttrici di auto con meno di 10 milioni complessivi di capitale. Tra il 1905 e il 1907 si hanno investimenti net­ti per 90 milioni e si formano 70 società automobilistiche. 

Torino capitale dell'auto

Una ventina di esse hanno sede in Torino (15 a Milano, le altre in centri della Lombardia, della Liguria e del Piemonte, soprattutto) e si tratta di so­cietà importanti, con 38 milioni complessivi di capitale (su 88.595.000 lire investiti in scala nazionale nel settore). 

Sono, oltre alle più «anzia­ne», la Fiat, l'Itala, la Rapid, le nuove venute: la Spa (Società Piemon­tese Automobili), la Krieger, la Croizat-Peugeot, la Fides, la Iunior, la Brevetti-Fiat', la Fiat-Ansaldi, l'Aquila, la Padus, la San Giorgio, la Scat (costituita da Giovanni Ceirano), la Standard, la Lux, la Diatto­ Clément, la Taurinia, la Gallia e la Lancia, costituita nel 1906 - con un capitale di 50000 lire - da Vincenzo Lancia, pilota e tecnico di va­lore uscito dalla Fiat. (La Lancia inizierà la produzione solo nel 1908). 

Delle 19 fabbriche di carrozzeria, 6 si formano a Torino, mentre nel 1906 nasce la Riv.

creata da Giovanni Agnelli con un capitale di 850.000 lire per la produzione - collegata e quella automobilistica - di cuscinetti a sfera e con una manfile:///Users/Ratina/WEB-CULTOR-ATLANTE/CultorAtlante/approfondimenti/auto/a.htmlodopera iniziale di 23 operai. (L'anno appresso la fabbrica si trasferirà con un centinaio di operai a Villar Pe­rosa su un'area di 6250 metri quadrati e nel 1908 la produzione rag­giunge già la cifra di 20000 cuscinetti a sfera).

Per avere un'idea di come procede la fortuna finanziaria di queste imprese e società anonime basta citare i casi delle più solide, la Fiat, l'I­tala, la Rapid. Il 7 dicembre 1904 il Il 7 dicembre 1904 il capitale della Fiat viene suddiviso in 32.000 azioni da 25 lire. 

Nel 1905 si raggiungono utili per 4 milioni ripartiti per 1.600.000 lire agli azionisti. 

La fabbrica si ingrandisce e occupa ormai una superficie di 42.000 metri quadrati. Il 6 marzo 1906 la Fiat viene messa in liquidazione e contemporaneamente ricostituita col capitale di 9 milioni diviso in 90.000 azioni da 100 lire l'una. Le azioni raggiungono la cifra di 188, lire; per scendere nel luglio 1906 a 870. 

Tra queste cifre stanno colossali giochi di borsa che verranno alla Iuce col crak del 1907-908 e di cui si occuperà, dal I909 al 1912, l'autorità giudiziaria. 

Nel 1906 la Fiat dichiara un utile di 5.257.083 lire e raddoppia la produzione. 

L'Itala segna anch'essa una ampidissima ascesa. Costituita e potenziata con capitale genovese, diret­ta da un abile uomo d'affari, il Figari, la ditta raggiunge nei primi mesi del 1906 una quotazione borsistica di 346 lire per azioni del valore no­minale di 25 lire. 

Anche la Rapid passa da un valore di emissione di 25 lire per azione a quello di 229 lire. Se tale è il caso delle imprese maggiori (alla Fiat lavorano ormai un 800 operai, all'Itala 400, alla Ra­pid 400, alla Diatto-Clément 500), ancora più sensazionale è quello del­le società più o meno fittizie che pullulano intorno.

Ogni mese, - rammentava il Craponne, francese primo presidente del’associazione degli industriali - una nuova società era costituita e lanciata: il pubblico, intontito, incapace di ragionare, di esaminare seriamente le possibilità di riuscita, rispondeva senza discutere ad ogni appello. Gli si pre­sentava un nome di firma che suonava bene, un terreno dove doveva costruirsi una fabbrica, gli si parlava di un brevetto comprato per qualche centinaia di mi­gliaia di lire. Era più che sufficiente per convincerlo a disputarsi le azioni di so­cietà che esistevano appena sulla carta. Alla Borsa non si parlava phi che di titoli automobilistici, le azioni salivano ogni giorno, la febbre aveva invaso il mercato, le fortune si edificavano in pochi mesi.

II grosso pubblico vendeva i . titoli della rendita, ritirava i suoi risparmi per comperare delle Fiat, delle Fides, delle Standard, delle Rapid. 

Anche industrie francesi stabiliscono filiali ed organizzano combinazioni finanziarie.

Non è certo una fioritura sana; appassiranno presto quasi tutti i fio­ri, e i piccoli risparmiatori saranno le principali vittime, nel giro di due anni, della febbre. 

Intanto, però, coi capitali cosi facilmente investiti (nel 1907 tra auto e produzioni accessorie si tratta di 52 818 000 di lire) chi cerca di iniziare la produzione, anzi ha fretta di cogliere i primi pro­fitti dati dalla vendita dei nuovi prodotti, si trova a risolvere problemi insoliti sul piano del lavoro. C'è fame di operai, di migliaia di operai automobilisti (essi saranno circa 10.000 nel 1906. Si comincia a contenderli alle officine metallurgiche della città, a «rubarli» ai concor­renti. 

Ma, presto, la domanda non può più essere soddisfatta sul mercato del lavoro locale. Avviene allora una forte immigrazione. «Le iscrizioni furono aperte ai primi venuti. Fu una corsa formidabile di operai d'ogni categoria, dei mestieri più diversi. Falegnami, muratori, semplici mano­vali si misero all'apprendistato meccanico». 

Si può dire che una piccola rivoluzione pacifica si sia compiuta. L'immigrazione dalla campagna è fortemente cresciuta, gli operai cittadini più intelli­genti si sono riversati nella nuova industria, abbandonando le antiche fabbriche.

Questa «rivoluzione» provoca a Torino conseguenze sociali ed eco­nomiche che non hanno pari riscontro nel resto del Paese e caratteriz­zano un periodo eccezionale. L'esercito del lavoro, tutto imperniato su questo nuovo afflusso di meccanici e metallurgici, si ingrossa ancora per la concomitante espansione dell'industria cotoniera che proprio nel 1906-907 tocca i suoi indici più alti, oltre che a Torino, nel Canavese e nel circondario di Susa. Son circa 80 000 gli operai torinesi nel 1906, di cui quasi la metà donne. Se si considera anche la provincia raggiun­gono la cifra di 113.000 cosi ripartiti: 21.010 addetti alle industrie me­tallurgiche, chimiche e minerarie, 40.000 alimentaristi, 35.000 tessili, 8.000 in industrie diverse.

È un esercito che non fa da spettatore inerte di fronte al frenetico movimento industriale e finanziario che lo circonda. Anzi, se il 1905 è un anno di relativa calma sindacale, il 1906 diventa decisamente quello dell’iniziativa operaia.

Product Details

Place of issue
Roma
Year of issue
1906
Nation of issue
Italia
Printer name
OFFICINA CARTE VALORI - A. STADERINI - MILANO
Rarity Index
R3
Quotation Index
S4
Dimension
22x36
scripofilia

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