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Questi prestiti erano chiamati "cartelle al portatore" perché i titoli erano emessi sotto forma di documenti al portatore, cioè titoli fisici che potevano essere posseduti e negoziati senza la necessità di registrare i dati personali dell'investitore. I tagli dei titoli variavano da 100 a 100.000 lire, consentendo a persone di diverse fasce di reddito di partecipare all'acquisto dei titoli.
Il tasso di interesse del 3,5% indicava il rendimento annuo che i titolari dei titoli ricevevano come interesse sul capitale investito. Questo tasso di interesse fisso rappresentava l'obbligo dello Stato italiano di pagare interessi ai titolari dei titoli fino alla loro scadenza.
I prestiti redimibili al 3,5% cartelle al portatore furono emessi in un periodo specifico della storia italiana e riflettevano le esigenze finanziarie del governo italiano di quel momento. Il ricorso al debito pubblico attraverso l'emissione di titoli di debito permetteva al governo di ottenere risorse finanziarie per finanziare progetti di sviluppo, investimenti infrastrutturali, spese militari e altre attività di interesse pubblico.
Gli investitori che acquistavano queste cartelle al portatore potevano ricevere interessi periodici durante la vita dei titoli e alla loro scadenza potevano riscuotere il capitale investito. Questi titoli erano considerati relativamente sicuri in quanto erano emessi dallo Stato italiano, ma i rendimenti erano fissati in base alle condizioni di mercato e alle politiche finanziarie del governo.
La storia dei prestiti del periodo del Debito Pubblico dello Stato Italiano redimibile al 3,5% cartelle al portatore con tagli da 100 a 100.000 lire rappresenta un aspetto del sistema finanziario e delle politiche di debito del paese in quel periodo specifico. Questi strumenti finanziari hanno contribuito a sostenere l'economia italiana e a coprire le spese pubbliche, fornendo un'opportunità di investimento per i cittadini italiani.
