Si ha spesso l’impressione che la nostra attualità e il quotidiano siano legati alla modernità, al contemporaneo, ad un tempo futuro in cui già siamo immersi. E che una volta le cose fossero tanto diverse. Ma lo erano poi così tanto? Vediamo quanto nell’abbigliamento.

Copertina catalogo Contratti 1903-1904, Milano. (1)

Copertina Catalogo Gutteridge 1909 -1910, Napoli. (2)

Due copertine di Cataloghi di abbigliamento. Le date: 1903 (foto 1) e 1910 (foto 2). Un bel salto indietro. Eppure … nulla di nuovo, piuttosto, parecchio di meglio. I cataloghi sono emessi da un grande magazzino di Milano e da un grande magazzino Inglese, con la sua filiale di Napoli. Dunque nel 1910 i napoletani avevano a disposizione dei grandi magazzini di abbigliamento inglesi.
E non erano grandi magazzini di merce qualunque. Non erano i Department Store di oggi, sbucati come funghi da paesi distanti dalla cultura della qualità e del buon gusto nel vestire, che vendono vagonate di cenci. Erano “Department Store” che offrivano prodotti di ottima qualità.

Sul catalogo i capi venivano riprodotti tramite immagini disegnate con dovizia di particolari, il che presupponeva che bravissimi disegnatori, e bozzettisti, fossero all’opera. I disegni erano poi descritti uno per uno esattamente come oggi si descrivono i capi in vendita su internet. I tessuti anch’essi venivano specificati e presupponevano la conoscenza degli stessi da parte dei clienti. E si poteva scegliere il materiale, cosa che oggi vi scordate di poter fare, in qualunque tipo di acquisto.

Giacche e mantelle per signora (1903-1904). (3)

Giacca e mantelle per signora (1909-1910). (4)

La signora interessata, che oggi chiamiamo “utente” privandola di ogni eleganza, sesso e personalità persino nel termine, poteva all’epoca, scegliere di farsi recapitare a casa la giacca o il cappotto, in tessuti di diversa tipologia (foto 3 e 4): in melton, oppure in beaver, o ancora in cheviot. Tutte specifiche che oggi a volte neppure gli addetti ai lavori o alle vendite conoscono. Eppure le nonne e le bisnonne, e le trisavole, che non erano addette ai lavori ma spesso casalinghe, cos’è il beaver lo sapevano. E non potevi imbrogliarle.

Questa cultura era talmente diffusa e radicata, da poter essere comunicata su catalogo nella certezza che l’ “utente” sapesse perfettamente di cosa si parlava. Perché queste conoscenze facevano parte della educazione. L’ educazione alla conoscenza. I mezzi di oggi per sapere, appaiono molto più ampi e molto più democraticamente disponibili, eppure qualcosa non quadra. Ci sfuggono le nozioni fondamentali. Perché non solo la maggioranza delle persone non sa di che materiale sono gli abiti con cui si veste, ma spesso non sa neppure perché quando spinge un tasto si accende la luce, o perché l’auto che guida si mette in moto quando spinge il pulsante. Eppure, siamo informatissimi.

Listino prezzi delle lane e tipologie offerte (1903). (5)

Condizioni di vendita (1910). (6)

Tutti i tessuti disponibili a catalogo venivano scrupolosamente dettagliati (foto 5) così come le condizioni di vendita (foto 6), che sono né più né meno le stesse che si applicano oggi quando fate acquisti su internet.
Per darvi un’idea, negli anni di pubblicazione di questi cataloghi, non era ancora stata scoperta la penicilina, in Italia c’era ancora il re, esisteva ancora l’Impero Ottomano, e i grandi magazzini Selfridges di Londra non avevano ancora aperto. Apriranno proprio nel 1910.