La banca fu fondata nel 1877 rilevando fra l'altro la fallita Banca Italo-Germanica. Fu uno degli istituti maggiormente coinvolti nella compravendita speculativa di terreni edificabili tra Roma, Torino e Napoli. Travolta dal crack edilizio romano del 1899 e dallo scandalo della Banca Romana del 1893, che coinvolse varie altre aziende di credito, fu costretta alla liquidazione nel 1895 per poi dichiarare fallimento due anni più tardi, nel 1897.
La parabola della Banca Tiberina, uno dei principali istituti di credito travolti dal crack edilizio del 1889. Una vicenda le cui radici affondano alla fine degli anni Sessanta, quando i banchieri Geisser e Servadio costruiscono una rete di imprese immobiliari facente capo alla Banca Italo-germanica, vera holding del gruppo. Investita insieme al settore immobiliare dalla crisi del 1873, la Italo-germanica viene assorbita dalla neonata Banca Tiberina (1877) che, dopo le iniziali difficoltà, si giova della mutata congiuntura. Nei primi anni Ottanta, infatti, l'aumento della circolazione monetaria (grazie all'abolizione del corso forzoso e alle nuove strategie delle banche d'emissione) e le politiche di spesa a sostegno della riqualificazione delle città sbloccano il mercato edilizio-immobiliare. Gli investimenti ereditati nel settore dalla Tiberina diventano da immobilizzi strumento per promuovere le tradizionali operazioni bancarie, in particolare i crediti ipotecari ai costruttori. Un meccanismo redditizio ma rischioso: a fine anni Ottanta la discrepanza tra offerta e domanda abitativa sgonfia la bolla immobiliare e la Tiberina si ritrova vittima della propria scarsa liquidità. Il mutuo di 40 milioni concesso dalla Banca Nazionale salverà il Banco Sconto e Sete, istituto torinese di riferimento della Tiberina, ma non la banca capitolina, costretta alla liquidazione (1895). Forte dell'incrocio di fonti diverse e situata al confine tra storia economica e storia della banca, la ricerca offre l'occasione per riflettere su alcune questioni. Innanzitutto il ruolo decisivo svolto dalla mano pubblica e da politiche di deficit spending che consentono il salvataggio del sistema ma scaricano sulla collettività i costi di scelte avventurose: così le perdite del crack edilizio sono assorbite dalle banche di emissione, e il Comune di Roma interviene solo per ratificare i disordinati interventi edilizi del capitale privato, vero organizzatore dello spazio urbano.Un secondo nodo centrale è poi costituito dai limiti di un'economia banking oriented, come quella italiana, rispetto ai sistemi market oriented, benché la vicenda della Tiberina sia segnata da una specifica componente speculativa e non consenta troppo disinvolte generalizzazioni.