1938 - COOPERATIVA DI PRODUZIONE E CONSUMO...
1938 - COOPERATIVA DI PRODUZIONE E CONSUMO "NULLO BALDINI" RAVENNA

1938 - COOPERATIVA DI PRODUZIONE E CONSUMO "NULLO BALDINI" RAVENNA

9604
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1938 - COOPERATIVA DI PRODUZIONE E CONSUMO "NULLO BALDINI" RAVENNA

DOCUMENTO DEL PERIODO PREUNITARIO
SUGGESTIVE VIGNETTE DI FOGLIE  INSERITE IN
UN BELLISSIMO ORNATO

Descrizione

Il primo esperimento di conduzione diretta, da parte di operai organizzati, di terreni appartenenti a demanio pubblico, si è avuto nel Comune di Ravenna nell’anno 1888 colla concessione, fatta dall’Amministrazione Comunale, di ettari 260 di terreno, già pinetale, bonificato dalle colmate del fiume Lamone, alla Cooperativa dei Braccianti la quale aveva prima eseguiti tutti i lavori di bonifica idraulica ed in seguito i lavori di bonifica agraria dissodando i terreni, aprendo gli scoli, costruendo le strade e fabbricando le case per il ricovero degli operai e del bestiame.

L’appezzamento fu diviso dalla cooperativa in 220 lotti di un ettaro ciascuno e distribuito fra altrettante famiglie di soci; e poiché le domande erano assai superiori del numero di lotti disponibili, si provvide all’assegnazione mediante turni della durata di tre anni.

Ettari 40 furono coltivati a prato per il mantenimento del bestiame, il quale cogli attrezzi e le macchine agricole era ed è sempre rimasto proprietà della cooperativa.

La Cassa di Risparmio di Ravenna aiutò questo esperimento concedendo largamente il credito mediante prestiti agrari con mitissimo interesse.

La maggiore produzione si ebbe negli anni 1901, 1902 e 1903 con una media per ettaro di Lire 580. in quest’anno, se le previsioni non errano, si raggiungerà una produzione media di lire 650 per ettaro.

La cooperativa iniziava pure nel 1891-92 la coltivazione di terreni demaniali dello stagno d’Ostia della superficie di ettari 320 dividendolo fra 40 famiglie di lavoratori ravennati che si erano stabiliti ad Ostia dopo l’esecuzione dei lavori di bonifica idraulica.

La maggiore produzione si ebbe negli anni 1898, 1902, 1903 raggiungendosi una media di Lire 420 per ettaro.

Il successo finanziario di questa iniziativa non fu dei migliori. Troppe difficoltà doveva affrontare la cooperativa che fu costretta a ritirarsi nel 1904 con rilevante perdita.

La località fu mal scelta per un esperimento e le spese di dissodamento, di scolo e di impianto furono sproporzionate al reddito ricavabile dalle coltivazioni.

Dell’opera e dei sacrifici della cooperativa raccolgono però il frutto le famiglie dei soci che hanno presa stabile dimora in Ostia.

Costituiti in Cooperativa Agricola hanno assunto dal Demanio l’affittanza di quei terreni e sgravati da ogni onere di primo impianto, limitata la coltivazione ai terreni più fertili, ottengono ora degli ottimi risultati.

L’iniziativa della Cooperativa Braccianti in Ostia, se non ha raggiunto il successo finanziario, riuscendo a coltivare nella regione più malarica dell’Agro Romano, ha dimostrato che la coltivazione nella campagna romana non è impossibile, come si pensava da molti avanti quell’esperimento. Nelle vicinanze d’Ostia e Fiumicino dopo l’iniziativa della cooperativa la coltivazione si è diffusa e si sono adottati, sull’esempio dei lavoratori ravennati, sistemi di agricoltura intensivi più razionali e più produttivi.

Nella provincia di Ravenna gli operai braccianti uniti in cooperativa di lavoro si sono sostituiti completamente agli appaltatori nella esecuzione dei lavori pubblici.

Vi ha di più. In quest’anno la costruzione di due grandi fabbriche, Zuccherificio da Mezzano e Iutificio di Ravenna, è stata affidata direttamente dagli industriali alla Federazione delle Cooperative che comprende tutte le cooperative dei vari mestieri.

I lavoratori avventizi della terra (braccianti) attendono ora alla costituzione di cooperative agricole in tutte le frazioni del Comune e quelle cooperative dovranno sostituirsi agli affittuari nel lavoro dei campi.

Consimili cooperative si sono già costituite nelle frazioni di Campiano, S. Zaccaria, Castiglione, S. Stefano, S. Bartolo, Villa dell’Albero, Piangipane e Mezzano; altre agiscono con successo a Conselice, Lavezzola, Voltana, S. Lorenzo, dedicandosi alla coltivazione delle risaie, altre ancora se ne contano nel Bolognese.

È tutta una rifioritura di nuove organizzazioni cooperative che si viene verificando in questi ultimi anni nel campo del lavoro agricolo, come in passato si era avuto nel campo del lavoro pubblico.

Le cooperative agricole costituite nel Ravennate pensano già di unirsi in federazione per regolare fra di esse l’assunzione e la distribuzione della terra, per l’acquisto in comune degli attrezzi e delle materie utili all’agricoltura e per la costituzione di un ispettorato di contabilità che coordini e sorvegli il loro funzionamento amministrativo, base e condizione essenziali di una sicura riuscita.

Questa sostituzione degli operai all’intermediario affittuario è una conseguenza del cammino lento, ma sicuro, della forza-lavoro verso le pure fonti della produzione, libera da ogni ingerenza e sfruttamento di intermediari inutili.

Gli affittuari, che nel campo dell’agricoltura hanno dei veri titoli di benemerenza, perché si deve ad essi se la produzione nel Ravennate ed in altri luoghi ha raggiunto limiti insperati, ad essi che hanno portato alla terra feconda le cure ed i capitali negati dai proprietari inetti ed assenteisti, devono sparire come è destino di ogni cosa inutile per il fatale evolversi del lavoro soggetto verso forme più libere.

Le scuole, le cattedre ambulanti d’agricoltura, la pratica di ogni giorno fatta da menti non più ignoranti, hanno fatto dei nostri operai degli abili coltivatori, che conoscono quant’altri mai le buone regole dell’agricoltura, ed è naturale ed umana la loro aspirazione di togliersi da uno stato di tutela che oggi sentono ingiusta e superflua.

E questa sostituzione non costituisce il finimondo come qualcuno ha scritto contro la nostra opera di propaganda. Anche il capitalismo seguirà come il lavoro una fatale evoluzione verso forme ed impieghi più adatti.

Scacciato dall’industria dei lavori pubblici per il sorgere delle cooperative di lavoro, il capitalismo si rivolgerà alla terra; scacciato dall’industria della terra per il sorgere delle cooperative agricole, troverà impiego nelle industrie sussidiarie all’agricoltura.

A Ravenna molti affittuari arricchiti hanno investito e stanno investendo i loro capitali in cotali industrie, portando così un nuovo contributo di forza e di intelligenza all’aumento della produzione e della ricchezza nazionale.

L’opera di pressione e di conquista delle classi lavoratrici reclamanti il loro posto nel banchetto della vita, è forza suscitatrice e fattrice di maggiori energie, e non già la fine di ogni attività umana e sociale come nella loro cecità e nello spavento per ogni innovazione pensano i conservatori ad ogni costo.

***

La coltivazione diretta di terre da parte dei lavoratori suscita in essi un maggiore senso di responsabilità, che portano anche nelle lotte economiche.

I lavoratori del ravennate, che questi esperimenti di coltivazione diretta hanno fatti, accompagnano e suffragano le loro domande di miglioramento con conti culturali desunti dalla esperienza e non si ha frequenza di esagerazioni, e quando queste si verificano, sono temperate dalle discussioni fatte a base di cifre.

Essi comprendono perfettamente che non si può chiedere ad un’industriale più di quanto possa dare per non farla inaridire e morire a tutto danno della loro classe e rifuggono dalla concezione primitiva, oggi ammannita sotto le parvenze di un sindacalismo mal inteso e peggio compreso, che cioè la proprietà privata possa trasformarsi a beneficio di tutti danneggiandola o distruggendola.

***

Le Cooperative Agricole sono anche di grande utilità sociale nei rapporti di una maggiore produzione.

Le coltivazioni collettive delle risaie adottate dalle cooperative hanno dato risultati di produzione mai raggiunti in passato.

La coltivazione fatta per piccoli lotti affidati ad un solo operaio non ha dato sempre i risultati che si speravano. L’operaio lasciato a coltivare da solo, non sente lo stimolo del dovere e trascura spesse volte i lavori necessari o non li eseguisce colla diligenza dovuta. Sente invece maggiore questo stimolo quando lavora in unione ad altri operai come lui interessati a conseguire una maggiore produzione.

Questa unione di lavoro adottata dalle cooperative agricole sviluppa negli operai un maggiore senso di dovere sociale e ridesta in tutti i soci maggiori e più saldi vincoli di fratellanza e solidarietà.

Una legge adunque, che consenta e disciplina la concessione dei demani pubblici a lavoratori e regoli il funzionamento di queste nuove cooperative, è reclamata oltre che da ragioni di una maggiore produzione da ragioni di giustizia sociale e di diritto nei lavoratori di procedere verso forme che assicurino intero il frutto del lavoro a chi lo produce.

Dettagli del prodotto

Luogo di emissione
Ravenna
Anno di emissione
1938
Nazione di emissione
Regno d'Italia
scripofilia

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